Eravamo così felici e non lo sapevamo
La mia Calabria …eravamo così felici e non lo sapevamo… si intitola così la poesia che apre il nuovo libro della vedova di Luis Sepulveda, la poetessa cilena Carmen Yáñez che ho letto in questi giorni di forzata clausura, il ricordo accorato di una storia d’amore dalla quale possiamo trarne tutti un insegnamento.
Salgo le scale, in un silenzio assordante, rotto dai miei passi, fino ad affacciarmi dalle finestre del mio ristorante, L’Accademia, le sale silenziose, surreali, i tavoli vuoti e le tovaglie che ricadono tristi, i frigoriferi vuoti, tutto senza senso e mi chiedo che sapore può avere il futuro della mia terra. Sento parlare di sfida ma l’etimologia della parola vuol dire battaglia, combattimento.
Noi invece abbiamo bisogno, in questo momento, di parlare di opportunità, di progetti nuovi, di fantasia creativa; abbiamo bisogno di parlare e ricordare l’orgoglio di noi Calabresi per dare voce a tutte le anime di una società smarrita, di intuire una via d’uscita per raccontare la speranza che si comunica solo con la bellezza, per non essere più tanto soli come lo siamo adesso ed imparare a sentire la nostra terra sotto i nostri passi, ed essere orgogliosi di un patrimonio che abbiamo ereditato da una radicata civiltà contadina e marinara. Perché il nostro segreto sta nei contadini, nella gente che sa fare il pane, nei pescatori e nel mare, nelle immense distese di alberi di olivo e di agrumi, nella nostra gente che ama la propria terra.
Dobbiamo con forza percorrere un viaggio sentimentale anche se il virus e la quarantena rimarranno sullo sfondo e concentrarci sui mutamenti dell’economia e sull’impatto che hanno avuto e avranno sulle nostre vite di “sopravvissuti”. Io sono un cuoco moderno, lucido, che racconta le verità della vita i cui temi sono la cultura della materia prima, la creatività, l’accoglienza, l’insegnare e soprattutto l’apprendere, la fantasia che ti fa creare e ti dà come risultato, un menù pulito, equilibrato che invita a destare tutti i sensi.
E stamani, in solitudine, senza le voci dei miei collaboratori, dalla mia Terrazza, sono riuscito a sentire gli odori e gli aromi, i suoni, i rumori e le voci della gente che passeggia, ho avvertito il sole scaldarmi il viso, ho sentito soffiare la brezza e ho pensato al più grande dono che abbiamo qui in Calabria, l’orgoglio per la ricchezza dei prodotti della nostra terra che ha portato, negli ultimi tempi, l’innovazione di un movimento sinergico a spingere in avanti l’intero comparto della ristorazione, portandolo sulle maggiori testate del mondo.
Viviamo giorni sospesi dove la crudeltà dei numeri gela storie e speranze lasciandoci con la miseria delle nostre paure che ci attanagliano il cuore. Guardo i miei figli, mia moglie e sono fortunato; io vado avanti, mi aspettano tanti progetti, eventi, matrimoni e date dove contribuisco a far vivere la felicità di chi si vuole bene.
Sto lavorando al tour de L’A Cena Dalì, per Roma, Firenze, Milano, ho proposte per portarla a Mosca. E’ il progetto di luglio scorso, la cena/evento nata dalle interpretazioni delle ricette gourmet di Salvador Dalì.
Ho tirato fuori un menù nuovo, a base di pesce, dove poter usare e far conoscere i prodotti della mia Calabria, del bello e del buono, con i suoi sapori inconfondibili, i colori spudorati di frutti e ortaggi baciati dal sole, il nostro pesce, la Liquirizia di Rossano, il Peperoncino Calabrese, il Cedro, il Bergamotto di Reggio Calabria, il Pesce Stocco di Cittanova e Mammola, il Pesce Spada di Bagnara, la Cipolla rossa di Tropea, le Patate della Sila e dell’Aspromonte, l’Olio Ottobratico presidio Slow Food della piana di Gioia Tauro, la Stroncatura, i vini autoctoni come il Bivongi e il Cirò, il primo DOC.
Eravamo così felici in Calabria ma presto lo saremo di nuovo, nella mia terra, dove ritroveremo il nostro futuro.
FC